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GoStage e GoTraining, le opportunità di stage promosse da Fondazione di Venezia e Veneto Lavoro

Si chiamano GoStage e GoTraining: sono due progetti della Fondazione di Venezia che hanno l'obiettivo di favorire l’ingresso dei giovani nel mondo del lavoro. Il primo, partito nel 1997, come ricorda il vicedirettore della Fondazione Fabio Achilli, «su impulso del presidente del Censis Giuseppe De Rita e dell’attuale ministro Renato Brunetta», coinvolge ogni anno circa 1800 studenti del terzo e quarto anno di quasi tutte le scuole superiori della provincia di Venezia, dagli istituti tecnici ai licei. «Per noi è un grande impegno, perchè non è facile trovare centinaia di aziende disponibili a ospitare questi ragazzi» continua Achilli: «Ma ci crediamo molto, perchè è importante dare la possibilità di "annusare" il mondo del lavoro già a sedici, diciassette anni». Gli stage durano da 4 a 6 settimane e i ragazzi ricevono anche una borsa di studio – 100 euro a settimana – erogata dalla Fondazione: il budget complessivo del progetto per il 2009 è di 450mila euro.L’altro progetto, GoTraining, è rivolto ai più grandi. È stato attivato nel 2003, dopo un periodo di "sperimentazione" di due anni: fino a oggi sono stati avviati 118 stage (a cui si aggiungeranno i 36 del 2009, quasi tutti già partiti), con una percentuale di assunzione dopo intorno al 10%. Per gestirlo la Fondazione si avvale della collaborazione di Veneto Lavoro, ente strumentale della Regione Veneto che fornisce assistenza tecnica ai centri per l’impiego e monitora, attraverso il suo osservatorio, il mercato del lavoro del territorio. Nell’ambito di GoTraining vengono attivati ogni anno una trentina di stage a laureandi o neolaureati. Essendo Venezia una capitale dell’arte, una grande percentuale dei tirocini si inscrive nell’ambito dei beni culturali: enti, biblioteche, fondazioni. Destinatari privilegiati del progetto sono gli studenti delle facoltà di Economia e gestione delle arti e delle attività culturali di Ca’ Foscari e di Design e arti dello Iuav, ma non ci sono vincoli particolari e quindi chiunque abbia i requisiti richiesti può autocandidarsi per le selezioni. In media per ogni posizione, che viene promossa attraverso i canali degli uffici stage delle università e il sito di Veneto Lavoro, arrivano 4-5 candidature. Veneto Lavoro svolge il ruolo di soggetto promotore e si occupa di tracciare il progetto formativo e organizzare e monitorare il percorso di tirocinio, in qualche caso coadiuvando la Fondazione anche nel processo di selezione dei candidati. Dal 2003 ad oggi sono state attivate convenzioni con 35 tra aziende private ed enti pubblici. Per gli stagisti era inizialmente previsto un rimborso spese di 500mila lire al mese, poi diventati 400 euro e da quest’anno 500. «Complessivamente per questa iniziativa fino al 2008 avevamo un budget di 150mila euro, e ne spendevamo un po’ più di metà per le borse di studio e gli altri per le spese di organizzazione e promozione dell'iniziativa» precisa Achilli [nella foto] «Quest’anno a causa della crisi il budget è stato ridotto a 90mila euro, ma siamo riusciti a non ridurre il numero degli stage, economizzando su tutto il resto». Attualmente sono due le posizioni aperte: una presso Viu – Venice International University, un centro di alta formazione sull’isola di San Servolo, e l’altro alla sede veneta della Corte dei Conti. Per saperne di più, e magari candidarsi, tutte le informazioni si trovano sul sito di Veneto Lavoro a questo link.  Eleonora Voltolina Per saperne di più su questo argomento, vedi anche: - «Progetto GoTraining, le voci degli «ex»: Elena Bovolenta e la biblioteca della Venice International University»- «Progetto GoTraining, le voci degli «ex»: Aureliano Mostini, lo stage mi ha aperto la strada del lavoro»- «Progetto GoTraining, le voci degli «ex»: Claudia Girolametto, alla Corte dei conti tra magistrati e udienze»

Vietare il rimborso spese per lo stage. Lo propone Michele Tiraboschi: ecco perchè

«Interessante l’idea della Carta dei diritti dello stagista. Però non sono affatto d’accordo con il sesto punto, quello che suggerisce che le aziende dovrebbero dare un compenso in forma del rimborso spese ai loro tirocinanti. Questo è profondamente sbagliato: non in sè, ma come possibile fonte di gravi abusi. Più il rimborso spese è alto, infatti, più a me si drizzano le antenne perché dietro la forma dello stage si potrebbe nascondere la sostanza di un normale rapporto di lavoro. Lo dico chiaro e tondo: dare un rimborso spese per lo stage dovrebbe essere vietato per legge».La provocazione arriva alla Repubblica degli Stagisti da Michele Tiraboschi, docente di Diritto del lavoro all’università di Modena e Reggio Emilia e direttore scientifico di ADAPT - Centro Studi Marco Biagi. E qui bisogna fare due passi indietro. Prima di tutto, ricordare cosa dice la nostra Carta sull'argomento: «Gli stagisti devono percepire un rimborso spese adeguato e commisurato all’età, alla scolarità,  alle competenze pregresse e all’apporto fornito all’ospitante». Quindi il principio è che il costo della formazione aggiuntiva – rappresentata appunto dallo stage – non debba ricadere sulle spalle dello stagista, e che questo non debba andare addirittura a rimetterci dovendosi pagare di tasca propria i trasporti, il pranzo e magari anche un alloggio (non di rado infatti per fare uno stage ci si deve trasferire in un’altra città). Continua la Carta dando un’indicazione di massima sull’entità del giusto rimborso spese: «almeno 250 euro netti mensili per diplomati e studenti universitari; almeno 500 euro netti mensili per laureati».Il punto, e qui sta il secondo passo indietro, è che Tiraboschi parte da una prospettiva ben precisa: e cioè che lo stage non dovrebbe essere mai utilizzato con la funzione di "inserimento lavorativo", bensì solo ed esclusivamente come periodo di formazione e raccordo tra scuola e mondo del lavoro. «Non c’è bisogno di dare un compenso allo stagista» spiega il professore «primo perché, se lo stage è vero e non maschera un rapporto di lavoro, lo stagista non produce nulla per l’azienda, dato che non ci sta per lavorare, ma esclusivamente per imparare. Secondo, perché il suo vantaggio sta appunto nelle competenze che acquisisce nel corso dello stage. In un progetto formativo serio sono indicati con chiarezza gli obiettivi, e il ragazzo attraverso il suo tutor e l’apprendimento “on the job” si porta a casa un patrimonio di competenze che gli permette di arricchire il suo curriculum». Secondo Tiraboschi, insomma, un’impresa che offre una vera occasione formativa a un ragazzo non ha bisogno di mettere sul piatto anche un premio in denaro. Salvo poche e pregevoli eccezioni, anzi, quelle che lo fanno sarebbero da mettere sotto osservazione: «Perché se danno dei soldi ai loro stagisti il rischio è che poi, sentendosi la coscienza a posto, li trattino come dipendenti». In più, eliminare il rimborso spese dal punto di vista del professore metterebbe fine alla pratica impropria degli stage troppo lunghi: «A volte i ragazzi accettano stage di sei-nove mesi, o addirittura un anno: lo fanno perché c’è un rimborso spesa che assomiglia in tutto e per tutto a uno stipendio. Se il rimborso spese fosse vietato per legge, i ragazzi non accetterebbero mai stage così lunghi. Gli stage non dovrebbero superare i tre, massimo cinque mesi».La posizione da cui parte la Repubblica degli Stagisti è diversa: innanzitutto, il rimborso spese è da considerarsi un giusto e anzi indispensabile riconoscimento per il tempo e l’impegno che una persona dedica allo stage, perchè non sta scritto da nessuna parte che la formazione debba essere a carico dei giovani (e questo concetto viene confermato anche dall’esistenza delle borse di studio universitarie, degli assegni di ricerca etc). Secondo poi, i giovani italiani già oggi si trovano a fare i conti con migliaia e migliaia di stage gratuiti, e li accettano – anche se sono molto lunghi: l’indagine annuale di Cesop sui neolaureati, a questo proposito, evidenzia per esempio che il 59,4% dei laureati sarebbe disponibile a fare uno stage di sei mesi addirittura gratis, pur di avere l’opportunità di farsi conoscere da un’azienda. Infine, da quando lo strumento dello stage è stato introdotto e incentivato dal pacchetto Treu nel 1997, è diventato un passaggio obbligato dal mondo della formazione a quello del lavoro - tanto che moltissime aziende ormai lo indicano esplicitamente  nei loro siti come canale di recruiting privilegiato.«Si dimentica sempre però che lo stage non è un contratto di lavoro, è uno strumento orientato esclusivamente alla formazione. Se si vuole una vera forma mista di formazione e lavoro, che preveda anche una giusta retribuzione, ci sono oggi due forme: il contratto di inserimento e l'apprendistato. Se invece si ha bisogno di personale per brevi periodi, ci sono il lavoro a progetto, il lavoro a chiamata e a tempo parziale, i buoni lavoro. Insomma: lavori veri, con copertura previdenziale» conclude il professore: «Utilizzare lo stage per queste funzioni è spesso improprio».E questa è una sfida che la Repubblica degli Stagisti si è già impegnata a raccogliere: promuovere l’utilizzo di altre forme di formazione, come già espresso nell’ultimo punto della Carta dei diritti dello stagista, sarà una delle priorità di questo sito. Caro professor Tiraboschi, è una promessa. Ma lei non potrebbe rivedere questo giudizio così severo sui rimborsi spese, ammettere che non sono poi così ripugnanti, e che per gli stagisti sono una gratificazione e un sostegno economico talvolta indispensabile?Eleonora VoltolinaPer saperne di più su questo argomento, vedi anche gli articoli:- Apprendistato questo sconosciuto – Tiraboschi: «No allo stage come "contratto di inserimento": per quello ci sono oggi altri strumenti»- Lo stage, formidabile strumento di selezione di Paolo Citterio, presidente nazionale associazione direttori risorse umane GIDP/HRDA- Francia, stagisti retribuiti almeno 400 euro al mese: da oggi anche negli enti pubblici - Stage gratuiti o malpagati, ciascuno può fare la rivoluzione: con un semplice «no»

Job Marathon: appuntamento a Milano sabato 6 giugno per costruire un mosaico di parole sul tema del lavoro

Una maratona di lettura dedicata a un tema di questi tempi – o meglio, in ogni tempo – molto sentito: il lavoro. L’idea della Job Marathon è di Rosanna Santonocito (nella foto), giornalista da vent’anni in forza al Sole 24 Ore e infaticabile animatrice di JobTalk, il blog di Job24. «In realtà sono stata ispirata da Paola Calvetti, scrittrice bravissima, autrice di Noi due come un romanzo. Lo scorso San Valentino lei aveva presentato il suo romanzo con una formula originale: alla presentazione aveva invitato tutti a leggere le pagine dei libri a cui erano più affezionati, che parlassero d’amore. Ne era venuto fuori un evento talmente bello che abbiamo deciso di ripetere l’operazione, mettendo il lavoro al posto dell’amore. Del resto, parafrasando Raymond Carver, l’amore e il lavoro sono due argomenti su cui tutti hanno qualcosa da dire e da raccontare».Insomma, tutti in fila a leggere qualche pagina del libro preferito, che sia romanzo o saggio, poesia o addirittura testo di una canzone: l’importante è che affronti, da qualsiasi punto di vista, il tema del lavoro. Due – tre minuti a testa, l’equivalente di un paio di pagine: «Ma l’importante non è tanto venire a leggere la propria storia» sottolinea Santonocito «quanto a sentire gli altri. L’obiettivo è contribuire a costruire un mosaico di flash sul lavoro».Già oltre cento persone hanno confermato che ci saranno: scrittori, studenti, avvocati, precari, giornalisti, tutti insieme per mettere il proprio tassello nel mosaico. Se si digita «Job Marathon Sole 24 Ore» su Google, oggi, escono quasi 5mila risultati: «Una bella soddisfazione» sorride la giornalista: «Internet è stato un alleato prezioso per l’organizzazione di questa iniziativa: con Facebook, Twitter, i blog queste cose prendono vita immediatamente».Tra i partecipanti anche il giuslavorista Pietro Ichino (nella foto a destra), senatore del Partito democratico, che alla Repubblica degli Stagisti svela: «Leggerò due brani tratti da La chiave a stella; uno, molto breve, in cui Primo Levi parla del lavoro come fonte principale della felicità della persona umana; un altro, di tre minuti, in cui pone a confronto il lavoro dell’operaio impiantista con quello dello scrittore. Perché? Perché sono tra le cose più belle che io abbia mai letto sul lavoro umano; e perché vorrei richiamare e rendere omaggio al mondo di valori di cui Primo Levi è un grande simbolo».E poi tanti altri nomi noti e meno noti: a meno che il brano non sia extrafamoso, ciascuno dovrà fare una piccola introduzione per spiegare la scelta e contestualizzare il testo che si appresta a leggere. «Il bello starà proprio nella varietà» incalza Santonocito «l’argomento "lavoro" verrà presentato nel modo più vario, con tanti stili, linguaggi, ambientazioni diverse».Gli scrittori avranno diritto al "doppio turno", cioè potranno leggere sia un brano tratto da un loro libro sia qualcos’altro. Così per esempio  Fabrizio Buratto proporrà il suo Curriculum atipico di un trentenne tipico e poi La giornata di uno scrutatore di Italo Calvino, Luigi Furini andrà dritto al centro del tema con Volevo solo lavorare e proseguirà con Il lavoro non è una merce di Luciano Gallino, Antonio Rimassa leggerà Generazione 1000 euro scritto un paio d'anni fa insieme ad Antonio Incorvaia e poi probabilmente Lavorare piace di Alain De Botton, uscito da pochi giorni in libreria. E se due persone si dovessero presentare con lo stesso libro? «In quel caso chiederò semplicemente che leggano due brani diversi!».A fare gli onori di casa una società di consulenza, PricewaterhouseCoopers, che con il Sole 24 Ore condivide la sede (un palazzo progettato da Renzo Piano) e con la Repubblica degli Stagisti il progetto del Bollino OK Stage (è stata una delle prime ad aderire all’iniziativa, sottoscrivendo la Carta dei diritti dello stagista).Maestro di cerimonie, ovviamente, Rosanna Santonocito, che svela solo una delle letture che ha in mente di proporre: Stupore e tremori di Amélie Nothomb. «Il mio libro preferito sul lavoro, molto dark: mette a fuoco il rapporto di odio-amore tra una giovane donna disastrosa, anoressica, con la sua capa che invece è perfetta»L’appuntamento è sabato 6 giugno a partire dalle 15:00 a Milano, in via Monte Rosa 91 (la fermata più vicina della metropolitana è Lotto, sulla linea rossa). La Repubblica degli Stagisti ci sarà, e voi? Per preannunciare la vostra presenza basta mandare una email all’indirizzo jobtalk@ilsole24ore.com oppure JobMarathon@it.pwc.com

AAA stagisti cercasi per reportage fotografico

Elisabetta Lombardo è torinese, ha 24 anni, di mestiere fa la fotografa. Dentro ha una discreta forza centrifuga e un'innata curiosità, caratteristiche che l'hanno spinta a fare prima il quarto anno delle superiori in Canada e poi l'università in Svizzera. Oggi vive a Berlino, e da lì racconta alla Repubblica degli Stagisti: «Da un paio di mesi lavoro ad un progetto sugli stagisti. C'è molto di autobiografico, ovviamente: dopo la laurea mi sono trovata a fare stage non pagati, e leggendo alcune storie ho trovato  le mie stesse frustrazioni. L'impressione che i miei servizi fossero indispensabili, che l'organizzazione non avrebbe potuto funzionare senza di me, ma la consapevolezza che, alla fine dei sei mesi, un altro nelle mie stesse precarie condizioni avrebbe preso il mio posto». Da qui a Elisabetta (nella foto qui a destra) viene l'idea di dedicare agli stagisti un reportage fotografico. Il titolo del progetto è Structurally recyclable, basically disposable: «Una serie di parole che si contraddicono: recyclable è spesso usato come il contrario di disposable – usa e getta» spiega la fotografa: «Perché gli stagisti sono appunto riciclabili, e la loro flessibilità è vista dall'esterno come un elemento positivo. D'altra parte, però, spesso alla fine, "basically", lo stagista in quanto individuo non è ritenuto indispensabile, quindi "disposable", e verrà sostituito con un altro stagista». L'obiettivo più ambizioso è quello di «riflettere sullo stage come modello lavorativo e come fenomeno sociale: perché accettare di lavorare gratis o quasi, perché esasperare il concetto di sacrificio che spinge molti di noi a lavorare senza retribuzione nella speranza, un giorno, di impressionare il capo? Queste riflessioni si basano sempre su storie personali e vissuti differenti, che io voglio far emergere». Il progetto è piaciuto all'associazione berlinese Neuropolis, organizzazione senza fini di lucro che sostiene progetti artistici e politico-sociali: saranno loro ad aiutare Elisabetta per la ricerca fondi e l'esposizione.Il primo passo è l'approfondimento: la fotografa sta raccogliendo informazioni sul fenomeno stage ed entrando in contatto con gli addetti ai lavori. Per ora ha intervistato un ricercatore che ha svolto un'indagine statistica e la rappresentante di un sindacato tedesco. Il secondo passo è trovare stagisti che abbiano voglia di farsi fotografare (nell'immagine qui a fianco, una delle "prove": la stagista immortalata è Anne Abendroth). Non solo in Germania e Italia, perché il reportage avrà un respiro europeo: «Anche se in modi diversi, il fenomeno stage tocca molti Paesi del continente» racconta la fotografa: «Conto di lavorare anche in Francia e in Svizzera: per esempio nella “Genève internationale”, con l'ONU e tutta la rete di ONG, gli stagisti sono tantissimi». Internet è un alleato prezioso per trovare i soggetti da ritrarre. Dal punto di vista dell'organizzazione logistica, una volta che avrà un numero sufficiente di giovani disponibili a farsi fotografare, Elisabetta preparerà una tabella di marcia e si metterà in viaggio per raggiungerli e immortalarli. Ma dove? «Non sul luogo di lavoro» specifica subito Elisabetta: «Per due ragioni: voglio evitare di metterli in una posizione difficile con i datori di lavoro, e poi ritengo sia importante dare uno spazio di espressione e di sfogo fuori dall'ambiente lavorativo». E se qualcuno volesse mantenere riservatezza sulla sua identità, la fotografa assicura che penserà a qualche escamotage affinchè il volto non risulti riconoscibile. A ciascuna foto sarà poi abbinata una didascalia in cui lo stagista potrà raccontare la sua esperienza: «Voglio lasciare totale libertà riguardo al modo in cui raccontarsi: versi, prosa, qualsiasi forma andrà bene. Questo elemento è importante anche per eliminare il senso di anonimato e uniformità».Per chi avesse voglia di saperne di più, Elisabetta ha creato il sito structurally-recyclable.com; in alternativa potete scriverle all'indirizzo contact@structurally-recyclable.com.

Generazione stage: tavola rotonda martedì 26 maggio al JobMeeting di Roma

Uno dei canali di contatto tra i giovani e le imprese è oggi rappresentato dalle iniziative di job fair, carrier day e simili che le università organizzano o ospitano per permettere ai loro studenti di incontrare i responsabili delle risorse umane,  interlocutori privilegiati per accedere al mercato del lavoro. Martedì 26 maggio a Roma ci sarà il JobMeeting - Trovolavoro.it, giunto ormai alla diciannovesima edizione: l'appuntamento per tutti i ragazzi è dalle 9 del mattino alle 5 del pomeriggio nel chiostro della facoltà di Ingegneria dell'università La Sapienza (in via Eudossiana 18, a due passi da via Cavour). Decine di stand dove raccogliere informazioni su questa o quell'azienda, sui profili ricercati, sulle opportunità di inserimento e di carriera. Di solito i ragazzi arrivano a questi appuntamenti armati di un pacco di cv, e li smistano agli stand che giudicano più interessanti, quelli dove sognano di andare a lavorare.E proprio da qui la Repubblica degli Stagisti insieme a Cesop e Istud (la prima una società di consulenza strategica che si occupa di employer branding, la seconda una business school con base a Stresa) è partita per immaginare un evento correlato al JobMeeting, che potesse dare informazioni utili e spunti di riflessione al fiume di giovani che invaderà il chiostro per orientarsi sul dopo-laurea. Il risultato è «Generazione stage: in testa un sogno, in mano un cv»: una tavola rotonda per riflettere sul mercato del lavoro e le opportunità che offre, sulle difficoltà del percorso e le strategie per superarle, sull'importanza di attivarsi per essere i protagonisti del proprio futuro lavorativo. Ad avviare il dibattito (a partire dalle 11 presso la Sala del Consiglio) ci saranno alcuni interlocutori che hanno ormai da tempo un occhio molto attento a queste tematiche: oltre alla Repubblica degli Stagisti interverranno Savio Zagaria presidente di Cesop, Luca Quaratino ricercatore di Istud e Fabio Dioguardi direttore risorse umane di Ferrero - che tra l'altro è una delle prime aziende che hanno aderito all'iniziativa Bollino OK Stage. L'auspicio però è che la special guest star sia la generazione stage: l'invito è aperto. Ragazzi, venite a dire la vostra!

Stage attivati dai centri per l'impiego: ecco la radiografia annuale dell'Isfol

Un'interessante lente attraverso cui osservare il fenomeno stage in Italia è il monitoraggio che l'Isfol compie ogni anno sui tirocini attivati dai 539 centri per l'impiego (gli ex uffici di collocamento) sparsi sul territorio [nell'immagine, la copertina della pubblicazione che raccoglie i risultati del monitoraggio dal 1999 al 2005]Un primo dato interessante è che il numero degli stage è in continua crescita, come già rilevato anche da altre fonti (Almalaurea, Unioncamere Excelsior). Nel 1998/99 i tirocini promossi dai centri per l'impiego erano stati quasi 15mila: nel 2007 il numero è più che triplicato, arrivando a 52.700.Purtroppo la percentuale di assunzione dopo lo stage ha seguito invece il percorso inverso: dieci anni fa era pari al 46,4%, cioè quasi uno stagista su due veniva assunto, mentre oggi è praticamente dimezzata (26,5%), e poco più di uno su quattro può sperare in un contratto al termine del periodo di stage. Ma chi sono gli stagisti dei centri per l'impiego? Carmen Serra dell'Isfol viene in aiuto della Repubblica degli Stagisti fornendo i risultati dell'ultima rilevazione, relativa appunto agli stage attivati nel 2007. Nella maggior parte dei casi (quasi il 56%) le persone che svolgono uno stage attraverso questo canale sono donne; solo una piccola parte (poco più del 18%) ha una laurea, mentre la maggioranza ha la licenza media (quasi 31%), o il diploma (44%). In genere si tratta di persone giovani: uno su quattro ha meno di vent'anni, uno su due meno di venticinque: solo il 17% ha oltre trent'anni (e forse questo dipende dal fatto che le persone adulte vengono indirizzate verso contratti di lavoro veri e propri, e non periodi di formazione). Qualche dato adesso sullo svolgimento dei tirocini. In oltre il 90% dei casi non durano più di sei mesi. Quanto alle imprese ospitanti, c'è un sostanziale parimerito tra quelle che operano nel settore dell'industria (30%), del commercio (34%) e degli altri servizi privati e pubblici (33,5%), mentre il settore dell'agricoltura fa da fanalino di coda con un 2,5%. Quasi la metà dei tirocinanti (circa il 48,6%) viene ospitata da una microimpresa con meno di 10 dipendenti; il 15,6% da una piccola impresa con meno di 16 dipendenti; il 15,8% da una piccola impresa con 16-49 dipendenti, il 13,2% da una media impresa con 50-249 dipendenti e infine il 6,7% da una grande impresa con oltre 250 dipendenti. Come accennato sopra, la percentuale di assunzione dopo lo stage si attesta in media sul 26,5%: dei fortunati che ottengono un contratto, tre su quattro rimangono a lavorare nella stessa azienda, mentre uno su quattro trova lavoro in un'azienda diversa rispetto a quella presso cui aveva fatto il tirocinio.Gli stage attivati dai centri per l’impiego rappresentano più o meno un sesto della totalità degli stage attivati ogni anno nelle aziende private italiane: per tutti gli altri ci sono una pluralità di altri soggetti promotori, primi fra tutti gli uffici stage delle università. Interessante rilevare, infine, che questi sono stage esplicitamente "orientati all'inserimento lavorativo". Eleonora Voltolina Per saperne di più su questo argomento, vedi anche l'articolo «Centro per l'impiego di Frosinone: il posto "magico" dove uno stagista su due trova lavoro»

Universo stage, panoramica sugli enti promotori: il JobCaffè della Provincia di Milano

L'ambiente è colorato, allegro, sui toni del rosso e del giallo: eppure non siamo a Roma, core giallorosso, ma a Milano. Anche nel nome vuole scrollarsi dalle spalle quella sensazione di grigiore e monotonia che spesso caratterizza gli uffici di questo tipo: «JobCaffè» lo battezzò la giunta Colli, nel 2002, e ancora oggi si chiama così. Situato in corso di Porta Vittoria, in pieno centro (proprio di fronte al Tribunale, a due passi da piazza San Babila), è un ufficio di competenza della Provincia di Milano (per la precisione, oggi fa parte di AFOL Milano, agenzia per la formazione, l'orientamento e il lavoro) che si occupa di lavoro e formazione, e naturalmente anche di tirocini: dentro ci lavorano otto persone, che ogni anno forniscono servizi di accoglienza e informazione a 8mila persone. Chi si rivolge al JobCaffè? In generale uomini (per il 57%) che hanno come titolo di studio il diploma (anche se nei primi mesi del 2009 l'ufficio rileva un incremento dei laureati). Per quanto riguarda le fasce d'età, gli utenti sono equamente suddivisi tra 18-29enni (30%), 30-39enni (35%) e ultraquarantenni (34%). Persone in cerca di impiego, che nell'ufficio possono trovare molte cose utili: giornali con annunci da sfogliare, offerte di lavoro e stage attaccate alle pareti, computer con connessione internet utilizzabili gratuitamente per 40 minuti. E poi c'è il vero e proprio servizio di accoglienza, con la possibilità di presentarsi, fare colloqui di orientamento e capire meglio dove e come cercare lavoro. Tutto gratuitamente.JobCaffè naturalmente è anche un ente promotore di stage: l'anno scorso ne ha attivati più di 1800, stipulando centinaia di nuove convenzioni con imprese del territorio. Qui la maggior parte degli utenti ha tra i 21 e i 25 anni (37%) o tra i 26 e i 32 anni (45%); uno su dieci ha meno di vent'anni, solo uno su venti ne ha più di 33. In genere sono donne (57%) laureate (56%) o diplomate (31%); le principali aree d’inserimento sono quella commerciale e marketing, della gestione delle risorse umane, dell'amministrazione e finanza e infine quella informatica.«Gli stage che attiviamo durano in media dai tre ai sei mesi. La percentuale di assunzione dopo è all’incirca del 27%» spiega Luca Riva, che da tre anni lavora al JobCaffè dopo un'esperienza al Polo Orientamento di via Soderini, e aggiunge: «Nel caso in cui un’azienda ci chieda una proroga  dello stage, la concediamo se riteniamo che sia coerente con i nuovi obiettivi orientativi, formativi o d’inserimento e non vengano disattesi i  termini di legge previsti per la durata». Per esempio, per quanto riguarda i laureati la proroga viene concessa fino ad una durata complessiva non superiore a 9 mesi, quando la normativa consentirebbe di arrivare fino a  12: un modo per proteggere i propri stagisti, ed evitare prolungamenti ingiustificati ed eccessivi del periodo di stage. Ma il JobCaffè viene incontro anche alle aziende. Anche per loro tutti i servizi sono gratuiti, e in più le procedure per attivare lo stage sono state snellite il più possibile: ora la modulistica può essere scaricata direttamente da internet e consegnata all'ufficio solo cinque giorni prima della data di inizio dello stage.Poca burocrazia ma molto tutoraggio: sono previsti almeno due incontri con ciascuno stagista. «Uno entro il primo mese dall’avvio e un altro nella seconda metà dello stage», precisa Riva, «attraverso colloqui di gruppo. Nel primo, che è finalizzato a dare informazioni di base, riuniamo una quindicina di neo-stagisti; nel secondo, che invece serve a fare un primo bilancio dell’esperienza e delle competenze acquisite, ne riuniamo una decina». Di necessità si fa virtù: a causa del rapporto numerico operatori - tirocinanti non l'ufficio non avrebbe la possibilità di fare incontri individuali a tutti, ma attraverso la modalità di gruppo dà ai ragazzi la possibilità di mettere a confronto le esperienze di stage. «I ragazzi interagiscono molto tra di loro» conferma Riva «e questo li aiuta a cogliere i significati dell’esperienza». Infine, al termine dello stage c'è anche una scheda di valutazione dello stage. Doppia: una la deve compilare il tirocinante, e l'altra l'azienda.JobCaffè è aperto lunedì e venerdì mattina dalle 9:00 alle 13:00 e martedì, mercoledì e giovedì pomeriggio dalle 13:00 alle 17:00. All'interno di JobCaffè, l’ufficio tirocini è aperto martedì e venerdì solo la mattina dalle 9:00 alle 12:00 e lunedì, mercoledì e giovedì la mattina (9:00 – 12:00) e il pomeriggio (14:15 –16:00).Eleonora Voltolina

Diritti degli stagisti, le lezioni dell'Europa

Ci sono Paesi in Europa dove a elaborare l’equivalente della “Carta dei diritti degli stagisti” ci pensa lo Stato, mettendo nero su bianco le condizioni per fare uno stage allo scopo di evitare gli abusi.Così, per esempio, la guida dell'Isfol sugli stage in Europa (scaricabile gratuitamente a questo link) descrive il caso del Portogallo: lo stagista ha un’età massima di 30 anni, deve essere alla ricerca del primo impiego e non aver svolto alcun tipo di attività professionale per un periodo superiore a un anno. Il periodo di stage dura nove mesi e può prolungarsi con l’autorizzazione dell’Istituto dell’occupazione e della formazione professionale eccezionalmente fino a 12 mesi. Questo istituto verifica anche se, dopo tre mesi dal termine del tirocinio, l’ex stagiaire abbia o meno trovato un’occupazione. Al tirocinante vengono concessi una borsa di stage (di importo variabile a seconda del suo livello di formazione), un rimborso delle spese di vitto e alloggio (in questo caso solo se abita a più di 50 km dal luogo del tirocinio) e le spese di trasporto. L’assicurazione contro gli infortuni sul lavoro è obbligatoria.Il Portogallo non è un caso isolato. Un altro punto su cui alcuni Stati fanno chiarezza è che lo stage, per quanto non sia un vero rapporto di lavoro, debba avere un rimborso spese. Non esiste solo il caso della Francia, dove è stata prevista una retribuzione di 380 euro al mese (ossia il 30% del minimo contrattuale previsto per i lavoratori, o Smic) se il tirocinio dura più di tre mesi. C’è anche quello dell’Austria e del Belgio, dove in alcuni settori il compenso è previsto per legge.In altri Paesi la regolamentazione consiste nel distinguere tra gli stage effettuati durante il periodo di studi e quelli nel periodo successivo. In Irlanda il “work placement” prevede un rimborso spese sulla base di un accordo diretto con l’azienda ospitante. Se a farlo sono gli studenti iscritti a università irlandesi l’aspetto formativo è la parte prevalente del contratto e la durata varia da 8 a 12 settimane. Se invece si sono completati gli studi lo stage dura non meno di tre mesi e nei “terms of employment” si stabiliscono mansioni, orari e compenso. La distinzione tra stagisti studenti e stagisti laureati o diplomati, in termini di procedure e condizioni,  è prevista anche in Polonia e in Spagna. Nei Paesi Bassi il nome cambia a seconda che si tratti di tirocini per studenti superiori (“stage”) o esperienze di formazione on the job destinate ai ragazzi che vanno ancora a scuola (“beroepspraktijkvorming” o “leerwerktraject”). E in Italia? La normativa 142/1998 prevede che vada stipulata una convenzione tra l’azienda ospitante e l’ente promotore, con l’obbligo di indicare un tutor e stipulare l’assicurazione sul lavoro. È anche previsto un periodo massimo per ciascuno stage a seconda del livello di istruzione. Ma non ci sono paletti per quanto riguarda il rimborso spese, l’età degli stagisti e il numero di tirocini che si possono effettuare, e in più la norma non prevede sanzione in caso di trasgressione. Molte testimonianze raccolte dalla Repubblica degli stagisti e le ispezioni di alcune Direzioni provinciali del lavoro hanno raccontato di come lo strumento dello stage possa essere usato malamente. Forse dovremmo copiare qualche paletto dai nostri vicini europei? Fabrizio Patti

Francia, stagisti retribuiti almeno 400 euro al mese: da oggi anche negli enti pubblici

Ancora passi avanti, in Francia, per la tutela degli stagisti. Già nel 2006 un accordo siglato da governo, imprenditori, sindacati, enti di formazione e associazioni studentesche - i cui contenuti erano stati ripresi in una legge e poi, nel 2008, in un decreto attuativo - aveva stabilito che, a partire dal quarto mese di tirocinio, scattasse il dovere di erogare una retribuzione mensile pari ad almeno un terzo del salario minimo garantito (lo SMIC, più o meno 1300 euro al mese). Quindi gli stagisti francesi già oggi percepiscono per legge almeno 400 euro al mese: non tutti però. Restano  - o meglio, restavano - esclusi gli stagisti degli enti pubblici: l'obbligo infatti riguardava solamente le imprese private. Venerdì scorso il presidente francese Nicolas Sarkozy - con i ministri dell'Università e ricerca, delle Finanze, della Funzione pubblica e dei Giovani - ha annunciato l'intenzione di anticipare quest'obbligo a partire dal terzo mese di tirocinio, e di estenderlo anche al settore pubblico (comprese le amministrazioni locali e le strutture sanitarie). Per gli stage di durata inferiore, inoltre, sarà introdotto il dovere di dare un minimo di rimborso spese e di prevedere l'accesso alla mensa aziendale o benefit analoghi.Il movimento che rappresenta gli stagisti francesi, «Génération Precaire» (nella foto, durante una manifestazione), non grida però vittoria, e promette anzi battaglia: l'obiettivo è far salire al 50% dello SMIC la retribuzione minima, introdurre sanzioni penali per le aziende che abusano dello strumento dello stage, prevedere una retribuzione che aumenti con il passare dei mesi, e stabilire un periodo obbligatorio di distanza tra uno stage e il successivo.Un'altra misura annunciata dal governo francese per incentivare l'occupazione giovanile è poi un bonus di 3mila euro che verrà stanziato a favore di ogni azienda che assuma uno stagista. Un procedimento simile a quello previsto, qui in Italia, dal Progetto FIXo, gestito da Italia Lavoro, che si è concluso da pochi mesi. L'obiettivo di Sarkozy è di ottenere 50mila nuove assunzioni. Funzionerà? Eleonora VoltolinaPer approfondire l'argomento, leggi anche:- «Jacques Attali nei guai: secondo Le Monde la sua associazione usa troppi stagisti»- «Diritti degli stagisti, le lezioni dell'Europa»  

Stagista, perfavore, mi affetta due etti di crudo?

Sentirsi proporre uno stage quando si ha l’obiettivo di fare l’analista finanziario, il commercialista, l’ufficio stampa, ci sta. Sentirselo proporre per avere un posto da salumiere o banconista in un supermercato ci sta molto meno: specialmente se lo stage in questione non dura poche settimane –  giusto il tempo di familiarizzare con il banco frigo e la cassa – ma molti mesi.Purtroppo gli annunci di questo tipo non sono rari in Rete: «Si ricercano addetti da inserire in supermercato tramite periodo di stage di 6 mesi come cassieri, scaffalisti, ortofrutta», ed è solo un esempio.La normativa di riferimento non vieta esplicitamente di fare stage per mestieri a bassa specializzazione: pertanto chiunque abbia un’attività imprenditoriale può proporre a un giovane uno stage, motivando di dovergli impartire una formazione affinché impari il mestiere. Il punto, semmai, è la durata di questa formazione: se si è tutti d’accordo che per determinati lavori, complessi e “di intelletto”, oppure artigianali, possano servire anche molti mesi per apprendere le mansioni, certo è ben più difficile credere che servano tre mesi, o addirittura sei, per imparare ad affettare il prosciutto al banco, o a disporre la merce sugli scaffali.A ciascuno, poi, la sua responsabilità: a partire da quegli enti promotori che di volta in volta scelgono di avallare tirocini di questo tipo, senza porsi dubbi sulla consistenza del progetto formativo. Qualche volta, però, questi stage passano dai corridoi dei supermercati alle aule di tribunale. C’è stato per esempio un caso in Friuli Venezia Giulia, partito nel 2001 grazie a una segnalazione alla Direzione provinciale del lavoro di Trieste. Un giovane raccontò che lavorava in un supermercato: non come dipendente, però, bensì con un semplice contratto da stagista. E non era solo: gli ispettori andarono, ispezionarono e stabilirono che in almeno 42 casi gli stage erano stati utilizzati per mascherare ordinario lavoro dipendente. Gli stagisti erano infatti utilizzati alla salumeria, alla cassa, o con il compito di disporre la merce sugli scaffali. La palla passò nel 2004 al Tribunale, che nell’agosto del 2007 ha emesso una prima sentenza - in cui si legge chiaramente, tra l’altro, che per uno stage del genere una durata di sei mesi, «a fronte della tipologia poco qualificante delle mansioni, appare incongrua». I proprietari del supermercato hanno fatto appello: per la prossima udienza, però, bisognerà attendere ancora un anno e mezzo. Un caso simile è accaduto a Lecco, all’inizio del 2007: anche qui si è mossa la Direzione provinciale del lavoro, su segnalazione di un ragazzo, e ha riscontrato un uso improprio di sette stagisti, addetti principalmente alla disposizione dei generi alimentari sugli scaffali. Anche qui il supermercato, appartenente a una nota catena, si è opposto al verbale (che diffidava a legalizzare il rapporto con gli stagisti quale rapporto di lavoro subordinato a tutti gli effetti), e quindi ora la vicenda si trasferirà in Tribunale. Ma quanti casi simili passano sotto silenzio, magari perché nessuno va a denunciarli alle Direzioni provinciali del lavoro?Eleonora Voltolina